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Fondi pensione: cosa sono e come funzionano

Cos’è la previdenza complementare? Quali sono le forme pensionistiche complementari alle quali si può aderire e cosa è necessario conoscere per pianificare in modo consapevole il proprio futuro previdenziale?

Pensionata

Perché la previdenza complementare?

 

A partire dagli anni ‘90 il nostro sistema pensionistico è stato profondamente modificato. Con il progressivo aumento della durata della vita media e il rallentamento della crescita economica, le regole di determinazione delle pensioni sono state riviste in funzione delle esigenze di sostenibilità dei conti pubblici.

 

In particolare:

  • Si è gradualmente passati dal sistema retributivo, in cui la pensione viene calcolata sulla base delle ultime retribuzioni percepite (stipendi), al sistema contributivo, in cui l’importo della pensione viene collegato:
    • all’ammontare dei contributi versati durante tutta la vita lavorativa;
    • alla crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL);
    • alla “speranza di vita” al momento del pensionamento.
  • Sono stati innalzati sia l’età richiesta per andare in pensione sia gli anni di contributi necessari per il pensionamento (anzianità contributiva).
  • Una volta in pagamento, la pensione viene rivalutata unicamente sulla base dell’inflazione (cioè dell’aumento dei prezzi dei beni e dei servizi).

 

Oggi, in linea con le esperienze maturate in ambito internazionale, anche in Italia si è deciso di strutturare il sistema previdenziale affiancando alla previdenza pubblica obbligatoria un sistema di fondi pensione complementari a carattere volontario.

Aderire alla previdenza complementare significa quindi scegliere volontariamente di accantonare con regolarità una parte dei propri risparmi durante la vita lavorativa per ottenere una pensione che si aggiunge a quella corrisposta dalla previdenza obbligatoria. La previdenza complementare offre di fatto al cittadino la possibilità di disporre, dopo il pensionamento, di un reddito e di un tenore di vita più adeguati ai suoi bisogni in età anziana.

 

Il sistema pensionistico odierno si può in effetti dire che si basa su due pilastri:

  • 1° pilastro > Previdenza di base obbligatoria (a carico dell’Inps e delle altre Casse professionali)
  • 2° pilastro > Previdenza complementare volontaria (che, attraverso i fondi pensione, integra la pensione di base)

 

Quali sono le forme pensionistiche complementari?

 

Fondi pensione negoziali | Sono forme pensionistiche complementari istituite nell’ambito della contrattazione collettiva (nazionale o aziendale). A questa tipologia appartengono anche i fondi pensione cosiddetti territoriali, istituiti cioè in base ad accordi tra rappresentanti di datori di lavoro e lavoratori appartenenti ad un determinato territorio.

 

Fondi pensione aperti | Sono forme pensionistiche complementari istituite da banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM). I fondi pensione aperti possono raccogliere adesioni su base individuale e collettiva.

 

Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP) | Sono forme pensionistiche complementari istituite dalle imprese di assicurazione. I PIP possono raccogliere adesioni solo su base individuale.

 

Fondi pensione preesistenti | Sono forme pensionistiche complementari così chiamate perché già istituite prima del decreto legislativo n. 124 del 1993 che ha introdotto per la prima volta una disciplina organica del settore.

 

L’adesione

 

Tutti possono aderire alla previdenza complementare, compresi i familiari a carico.

 

È possibile aderire secondo quanto previsto dagli accordi collettivi di lavoro che trovano applicazione per il proprio settore lavorativo, per la propria azienda o per il territorio (adesione collettiva). Tali accordi individuano il tipo di fondo pensione di riferimento al quale è possibile aderire e la misura minima della contribuzione.

 

Se non si ha un fondo pensione di riferimento oppure se si decide di iscriversi a una forma pensionistica complementare diversa da quella prevista dall’accordo collettivo della propria azienda, si può aderire a un fondo pensione aperto o a un PIP (adesione individuale). Anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti possono aderire a un fondo pensione aperto o a un PIP (adesione individuale), decidendo autonomamente il contributo e la periodicità di versamento.

 

Come fare per aderire?

 

L’adesione a un fondo pensione negoziale o a un fondo pensione preesistente può avvenire nella propria sede di lavoro, in quella del fondo pensione o nella sede dei sindacati che hanno sottoscritto l’accordo o dei patronati e CAF incaricati dal fondo.

 

L’adesione a un fondo pensione aperto o a un PIP può avvenire nelle sedi delle società che li hanno istituiti oppure attraverso i soggetti incaricati dalle stesse società.

 

Come contribuire?

 

Se si ha aderito a un fondo pensione di riferimento (negoziale, aperto o preesistente) in virtù di un accordo collettivo o di un regolamento aziendale, il datore di lavoro verserà sulla posizione individuale:

  • Il contributo del lavoratore, nell’importo previsto dall’accordo collettivo o dal regolamento aziendale.
  • Il contributo dell’azienda, nella misura prevista dall’accordo collettivo o dal regolamento aziendale.
  • Il TFR futuro, in tutto o in parte, in base a quanto previsto nell’accordo collettivo o nel regolamento aziendale.

 

Nel caso di lavoratore autonomo o di un libero professionista, la posizione viene alimentata solo dal proprio contributo, di cui si decide liberamente l’importo e la periodicità di versamento.

 

L’ammontare dei contributi versati e la durata della partecipazione influiscono sull’importo della pensione. È per questo che è importante aprire il prima possibile un fondo pensione, fin da giovani, ndr.

 

Quali sono le scelte di investimento possibili?

 

Le forme pensionistiche complementari offrono diverse opzioni (comparti) per investire i propri contributi.

I comparti si differenziano tra loro in base agli strumenti finanziari che vengono acquistati e in linea di massima sono riconducibili alle seguenti categorie:

  • Garantiti, che offrono una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di determinati eventi (ad esempio, al momento del pensionamento).
  • Obbligazionari puri o misti, a seconda che investano esclusivamente o principalmente in titoli obbligazionari.
  • Bilanciati, che in linea di massima investono in azioni e in obbligazioni nella stessa percentuale.
  • Azionari, che investono solo o principalmente in azioni.

 

Il rendimento che ci si può attendere dall’investimento è strettamente legato al livello di rischio che si decide di assumere e al periodo di partecipazione.

Ad esempio, scegliendo un comparto azionario ci si possono aspettare rendimenti potenzialmente più elevati nel lungo periodo, ma anche ampie oscillazioni del valore dell’investimento nei singoli anni (cioè il rendimento può assumere valori molto alti, ma anche bassi o negativi in alcuni anni).

Scegliendo un comparto obbligazionario, invece, ci si possono aspettare rendimenti potenzialmente più contenuti nel lungo periodo, ma anche ridotte oscillazioni del valore dell’investimento nei singoli anni.

 

È importante stabilire il livello di rischio che si è disposti a sopportare considerando l’orizzonte temporale che separa dal pensionamento, il proprio patrimonio e il reddito che ci si aspetta di avere in futuro.

 

È comunque sempre possibile controllare nel tempo l’andamento della propria posizione individuale per modificare, se del caso, il comparto scelto.

 

Quali prestazioni si possono ottenere?

 

Al raggiungimento dei requisiti per la pensione obbligatoria, e a condizione che si abbiano almeno cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare, si può scegliere se:

  • Trasformare la posizione individuale tutta in rendita, ricevendo così la pensione complementare per tutta la vita.
  • Ottenere fino a un massimo del 50% del capitale accumulato in un’unica soluzione e il restante in rendita.
  • Liquidare tutta la posizione in capitale, ma solo se si rientra nei casi previsti dalla legge, cioè se il montante accumulato è esiguo o se si è un “vecchio iscritto” (adesione prima del 29 aprile 1993 ad un fondo pensione già istituito alla data del 15 novembre 1992).

 

È importante valutare con attenzione quale scelta compiere tenendo conto di quali potranno essere le proprie esigenze durante il periodo in cui non si lavorerà:

  • La scelta di ricevere la prestazione in capitale consente di disporre di una somma da utilizzare per esigenze personali immediate però espone al rischio di non avere del denaro sufficiente per affrontare con serenità l’età anziana.
  • Se si sceglie la rendita, si potrà contare su un’integrazione della pensione obbligatoria per tutto il periodo di pensionamento. Distribuendo nel tempo il capitale accumulato, la rendita consentirà di regolare meglio le spese in relazione ai propri bisogni.

 

Cos’è la rendita integrativa temporanea anticipata (RITA)?

 

Prima che maturi l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia si può richiedere l’erogazione di una rendita integrativa temporanea anticipata (cosiddetta RITA), fino al conseguimento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia, ma solo quando sono presenti particolari condizioni. Maggiori informazioni qui >>

 

Le anticipazioni e i riscatti

 

Durante il periodo di partecipazione alla forma pensionistica complementare, nelle specifiche situazioni previste dalla legge, si può prelevare dalla propria posizione individuale una parte del risparmio previdenziale, a titolo di riscatto o di anticipazione.

 

È importante ricordare che la somma che si preleva a titolo di riscatto o di anticipazione va a ridurre la posizione individuale e, quindi, ciò di cui si potrà disporre al momento del pensionamento.

 

Se si è iscritti alla previdenza complementare da più di 8 anni si può chiedere un’anticipazione, per un importo non superiore al 75% del montante accumulato, per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa (per sé o per i propri figli); per ulteriori esigenze può essere chiesto un importo massimo del 30% del montante accumulato. Inoltre, per far fronte a spese sanitarie conseguenti a gravissime condizioni di salute (anche del coniuge o dei figli), si può richiedere in qualsiasi momento un’anticipazione della posizione individuale per un importo massimo del 75% del montante accumulato.

 

È possibile chiedere il riscatto di tutta la propria posizione individuale nel caso di una sopravvenuta invalidità permanente o inoccupazione superiore ai 48 mesi, per dimissioni o licenziamento. Si può invece richiedere il riscatto di una parte della propria posizione, nella misura del 50%, se si è inoccupati da almeno 12 mesi (e non oltre 48), così come in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a mobilità, cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria (per almeno 12 mesi a zero ore).

 

La fiscalità

 

In considerazione delle funzioni sociali svolte, lo Stato riconosce alla previdenza complementare particolari agevolazioni fiscali, di cui altre forme di risparmio non beneficiano.

 

Aderendo alla previdenza complementare è possibile:

  • Dedurre dal proprio reddito complessivo i contributi versati alla forma pensionistica complementare fino al limite di 5.164,57 euro all’anno.
  • Usufruire di una tassazione più bassa dei rendimenti realizzati dalla forma pensionistica complementare: i rendimenti derivanti dagli investimenti in titoli di Stato e altri titoli equiparati sono tassati con un’aliquota agevolata del 12,50%; i rendimenti realizzati dagli altri tipi di investimento sono tassati al 20% (rispetto al 26% che si applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario).
  • Usufruire di una tassazione molto favorevole al momento del pagamento della prestazione pensionistica: quanto deriva dai versamenti effettuati è assoggettato a una ritenuta agevolata del 15%; percentuale che si riduce in funzione dell’anzianità di partecipazione al sistema di previdenza complementare (se questa è superiore a 15 anni, l'aliquota diminuisce dello 0,30% per ogni anno di successiva partecipazione così che con almeno 35 anni di contribuzione l'imposta scende al 9%).

 

(fonte Covip – Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione)

 

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